QUANTO “PESA” IL TALENTO?

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(Giusy Cirillo) È verità assoluta, le parole hanno un peso ed un significato. Un esempio calzante? Qual è il significato per etimologia e peso della parola “Talento”. Nell’antica Grecia esso è indicato da τάλαντον, “talanton” che significa: scala, bilancia, somma), perciò, indica un’antica unità di misura della massa, equivalente a 26 Kg (a Roma 32,3 kg), il piatto della bilancia che misura la quantità di metalli preziosi come l’oro e l’argento, da qui l’immagine dell’inclinazione del suddetto piatto che pende dove c’è più peso-valore, poi un’antica moneta o di gran valore. Invece, in latino è indicato da “talentum”. È presente già presso diversi popoli quali, Sumeri, Babilonesi, Ebrei, se ne parla nell’Iliade, nella Bibbia (“Libri delle Cronache”), nello specifico nelle parabole raccontate nel Vangelo di San Matteo (“Parabola dei talenti”) e quella analoga nel Vangelo di Luca (“Parabola delle mine”). L’evoluzione di questo termine è particolare, infatti, il Sommo poeta Dante (XIII-XIV secolo) nel suo sonetto “Guido, i’ vorrei” scrive: «vivendo sempre in un talento, / di stare insieme crescesse ’l disio» conferisce l’accezione del desiderio. Però, è nel Rinascimento che esso comincia a configurarsi come dote naturale, vedi Leonardo, per poi veder associare a questo altri significati, giungendo fino a noi come, attitudine, propensione, volontà, ingegno, capacità di “creare-svolgere” cose non convenzionali, cimentarsi in esperienze superiori, ma anche relazionarsi agli altri producendo loro benessere sotto ogni sfumatura, ciò nel passato come oggigiorno e tante sono le alti menti in ogni campo: Luca Giordano, Leopardi, Elisabeth Arden (Cosmetica), Gabrielle Chanel (Rivoluzione nella moda femminile), Ruth Handler (Barbie), Rita Levi Montalcini (scienziata). Tutti nomi che suscitano emozioni diverse a seconda dell’interesse personale di chi legge. Allora mi sorge spontanea una domanda: chi ha talento è “dotato” anche di umiltà? I due stati d’animo di rado collimano, ma è possibile affermare con forza che possono essere incarnati dal contemporaneo matematico russo Grigorij Jakovlevič Perel’man che, pur risolvendo nel 2002, dopo più di un secolo, la Congettura di Poincaré, ha rifiutato il premio Nobel della matematica e un milione di dollari, affermando per quest’ultimo: «Non sono interessato al denaro o alla fama. Se la mia soluzione è stata giusta, non mi serve altro riconoscimento». Lo si può definire anche genio per le sue abilità superiori, associate all’originalità.

La Foto: La fonte della foto è *ARTE line*