La Maturità 2025 si è svolta tra ansia, sorprese e profonde discussioni sul suo valore reale. La prima prova ha lasciato spiazzati molti maturandi: la maggior parte dei ragazzi non si aspettava le tracce scelte dal Ministero, soprattutto perché gli autori proposti come Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Tomasi di Lampedusa erano poco studiati in classe.
Le tracce hanno avuto diversi riscontri da parte dei maturandi: solo il 24% le ha trovate stimolanti, mentre il 22% le ha giudicate deludenti e ha optato per quella “meno peggiore”. Non sorprende allora che la tipologia C (attualità e riflessione) sia risultata la più apprezzata, spesso percepita come più accessibile rispetto all’analisi del testo letterario.
Dal punto di vista organizzativo, l’esame ha mantenuto la formula introdotta negli anni post-pandemici: due prove scritte (italiano e la seconda prova caratterizzante l’indirizzo) e un colloquio orale, arricchito da collegamenti interdisciplinari, percorsi personali e riflessioni sull’alternanza scuola-lavoro. Una struttura che a mio avviso ha trovato un equilibrio tra rigore e valorizzazione delle individualità.
Nei giorni delle prove scritte, l’atmosfera era quasi sospesa. I temi di italiano hanno offerto spunti di riflessione importanti – si è parlato di intelligenza artificiale, di diritti civili, di crisi climatica – e ho visto negli occhi dei maturandi la voglia di dire la loro, di lasciare un’impronta. La seconda prova, più tecnica, ha messo alla prova le conoscenze, ma anche la capacità di reagire sotto pressione.
Il colloquio orale, però, è stato il vero banco di prova emotivo. Ho sentito racconti di studenti che hanno portato progetti personali, passioni coltivate negli anni, esperienze di volontariato o stage che li hanno cambiati. E ho visto insegnanti commossi, finalmente spettatori di ciò che gli studenti sono diventati, oltre le interrogazioni e i voti.
La maturità 2025, secondo me, ha messo in luce una generazione spesso sottovalutata. Una generazione che ha affrontato la scuola tra pandemia, crisi internazionali e incertezze sul futuro, ma che ha saputo rimanere lucida, creativa, tenace. Hanno sostenuto l’esame con serietà, ma anche con ironia. Hanno avuto paura, certo, ma hanno dimostrato di saperla attraversare.
In fondo, la maturità non è mai solo un esame. È un rito di passaggio, una soglia. E quest’anno più che mai ho avuto la sensazione che molti ragazzi, usciti da quelle aule, fossero un po’ più pronti a camminare nel mondo. Forse non con tutte le risposte, ma con un po’ più di coraggio. ( foto SNoloscuola.com)
Zaira Manfredi
MENSILE POLITICO-CULTURALE PER I COMUNI A NORD DI NAPOLI - FONDATO NEL 1984