Il 23 settembre 1985, intorno alle 21, Giancarlo Siani, un giovane di 26 anni, sta parcheggiando la sua Mehari verde. Torna da una delle sue tante inchieste alla ricerca della verità. Per lui, aspirante giornalista, la verità è più importante del quieto vivere ipocrita e perbenista. Risuonano i colpi nel quartiere vomero e Giancarlo resta lì, accasciato come un pupazzo rotto, inerme e inerte: negli occhi tutta la voglia di vivere e tutti i sogni che a quell’età colorano la vita. Chissà qual è stato il suo ultimo pensiero..
Un colpo al cuore per i suoi familiari e per gli amici; un brutto colpo per Il Mattino, per i giornalisti, per il giornalismo.
Giancarlo è il simbolo della legalità per antonomasia: anzi, un duplice simbolo, da una parte della legalità calpestata con la violenza che la camorra ben conosce ed esercita contro chi consapevolmente o inconsapevolmente ne colpisce gli interessi; dall’altra del bisogno di legalità che promana dagli onesti che vivono nella nostra terra, dai familiari delletroppe vittime innocenti della camorra che ha continuato a uccidere, a colpire nel mucchio, senza badare a chi si trovasse sulla traiettoria del proiettile o fosse lì per caso.
Il desiderio di verità di un giovane che ce la sta mettendo tutta per fare il giornalista, che nutre la speranza di svolgere il lavoro che sogna, di un giovane onesto che nella ricerca della verità scava senza sosta tra le pieghe di fatti e misfatti, fattacci immersi nell’ombra, nel silenzio, nell’omertà complice; di un giovane con tanti ideali e sogni da realizzare e che quei sogni e quegli ideali li concretizza senza curarsi di infilare il naso dove non è conveniente, di calpestare i piedi a chi non deve: la verità innanzitutto !
Giovane e scanzonato, spettinato e sorridente Giancarlo èsicuramente soddisfatto a fine giornata per il lavoro svolto ma scoprire i legami tra i malavitosi, tra malavita e politica, tra malavita e cittadini apparentemente irreprensibili, è pericoloso. Lo è nel 1985, lo è prima del 1985, lo è ancora oggi.
La camorra, camaleontica e tentacolare, uccide, s’infiltra nelle istituzioni, è presente laddove la mentalità opportunistica, la sete del potere fagocita ogni barlume di onestà.
Giancarlo fu messo a tacere per sempre.
Il ricordo di Giancarlo è impregnato di dolore anche dopo tanti anni:il dolore di chi ha subito la sua morte; il dolore della legalità calpestata ogni giorno da parte di chi, pur sapendo, tace consapevolmente e volutamente per quieto vivere; il dolore delle persone oneste che soffrono di fronte all’ipocrisia dilagante, che patiscono ingiustizie perché le leggi sono calpestate spesso proprio da chi dovrebbe applicarle;il dolore dei giovani validi e preparati umiliati dal clientelismo, dai politici che promettono ma non tengono fede alle promesse fatte, da gente impreparata che solo perché impera il nepotismo occupa posti chiave, dalla logica del do ut des che porta in auge individui senza scrupoli che hanno come unico obiettivo il proprio interesse e non l’interesse e il bene pubblico.
Giancarlo oggi è il simbolo di tutto ciò ma soprattutto del desiderio di riscatto che anima gran parte della popolazione. A Giancarlo Siani sono state intitolate scuole, aule, strade ed un premio giornalistico ne tiene viva la memoria. Se fosse ancora vivo, se ancora potesse scrivere i suoi articoli, forse alle sue inchieste e al suo impegno non verrebbe dato lo stesso valore che hanno ora. Perché a volte è così, nel mondo dei vivi, chissà per quanto tempo ancora lo avrebbero tenuto sulla corda prima di riconoscergli lo status di giornalista.
Tuttavia, Giancarlo Siani è più vivo che mai. Vive in tutti i giovani che come lui hanno una passione e cercano di coltivarla, sperando divenga un lavoro. Vive in tutti i giornalisti che seriamente e onestamente lavorano; in coloro che cercano la verità e non si vendono al miglior offerente ma preferiscono la coerenza e la concretezza.
Il 23 settembre la Mehari di Giancarlo, che è stata lungamente esposta al PAN, è stata trasferita a Villa Bruno, in una Sala della Memoria, assieme alle foto di tante vittime innocenti della camorra. Vi resterà per due anni.
“Ricordare le vittime è la risposta non violenta alla violenza della mafia, guai se ci fermassimo nel ricordare,la daremmo vinta a loro”: ha affermato Paolo Siani e noi siamo decisamente d’accordo con lui
Vittoria Caso